Pagine

lunedì 23 novembre 2015

Meo Sacchetti

Prima di scrivere di questa prima parte di stagione pensavo di aspettare il primo cambio tra i giocatori, magari Petway, quando è successo l'impensabile con l'esonero di Sacchetti.

Dopo 6 anni viene difficile pensare alla Dinamo senza di lui, ma non mi interessa cercare di prevedere il futuro ma guardare il passato, e di cose da guardare Meo ne ha lasciate tante.
Ha lasciato cose che possono vedere tutti e hanno visto tutti come le coppe, ma la cosa più importante che ha lasciato è un modo diverso di vivere il basket, che è stato anche vincente, ma questo è un dettaglio.
"Sei anni". Detto così possono sembrare pochi, il 2009 è stato l'anno del terremoto de L'Aquila, Obama diventò presidente degli USA, uscirono Avatar e Bastardi Senza Gloria, UP, morì Michael Jackson, arrivò Mourinho all'Inter.
Vi ricordate esattamente cosa facevate nel 2009? Avevate gli stessi amici di adesso? Lo stesso lavoro? La stessa casa? Frequentavate gli stessi posti?
Io per rispondere a queste domande ci devo pensare, sei anni sono veramente tanti, eppure Sacchetti è sempre stato là, fedele e attaccato alle sue idee criticate da tutti, bollate come perdenti da tifosi e commentatori magari solo perché diverse dall'ordinario.

Quella di sei anni fa è stata una delle tante estati pericolose della Dinamo, il campionato di LegaDue era terminato a gara 4 di finale, contro la Vanoli Soresina di Cioppi, "Rudy Rudy Mbembà", Gigena e la sua tripla in gara 1, la persa di Rowe in gara 3, Lollis e Troy Bell.

Quella estate c'era da salvare la squadra e nacque il Comitato "Per la Dinamo", ci si riuscì, e per almeno un altro anno la Dinamo sarebbe potuta restare a Sassari.
Cavina, l'eroe degli ultimi due campionati dopo anni di sofferenza non restò e i Mele, presidente e general manager all'epoca scelsero Sacchetti.
Restarono Rowe, Devecchi e Vanuzzo, per il resto tutto diverso, soprattutto la filosofia. Incredibilmente la Dinamo chiuse il girone di andata 13-2 ma ancora più incredibilmente molti non erano contenti perché "giocando così non si arriva da nessuna parte", il girone di ritorno fu problematico, persa la coppa italia in casa e tante sconfitte in fila, arrivarono le prime richieste di esonero per Sacchetti e qualche posto vuoto al palazzetto nelle prime dei play off poi vinti grazie a Kemp, Rowe e Hubalek ma anche con protagonisti meno sospettabili come Binetti e Baldassare, le prime di quelle che ormai si possono chiamare vittorie alla Sacchetti.

L'anno dopo arrivarono a Sassari tra gli altri Travis Diener, James White e Othello Hunter e restarono Devecchi, Vanuzzo e Hubalek, Meo e il suo gioco continuavano a avere tanti estimatori, e adesso che era arrivato in Serie A la faccenda era ancora più grave, più occhi di esperti pronti a criticare in agguato.
Ma le cose incredibili continuarono, la salvezza arrivò tranquillamente e addirittura i playoff.
Quell'anno la Dinamo giocò senza Main Sponsor sulla maglia e alla fine la situazione era ancora tragica, ma subentrò Sardara che promise stabilità, ancora una volta salvi.
Poi arrivò Drake Diener, un altro nome che rimarrà per sempre nella storia della Dinamo, e continuarono le cose incredibili: final eight di coppa italia e ancora playoff. Eliminata la Virtus Bologna con 2 buzzer beater e semifinale. E ancora critiche al gioco di Sacchetti.
L'anno successivo, quello di Bootsy Thornton, l'anno col gioco più bello e fluido per la Dinamo, purtroppo fuori ai quarti con Cantù, e Sacchetti sempre sul banco degli imputati. Anche quell'anno si era chiuso un ciclo, e Meo era inadeguato al livello che sognavamo, anche se se l'era conquistato tutto da solo.
Miglior foto di sempre
L'anno dopo si puntò sul trio Marquees Green, Omar Thomas, Linton Johnson più Caleb Green a cui si aggiunse alla fine anche Travis Diener, creando un po' di scompiglio.
Non abbastanza visto che si vinse la Coppa Italia con Travis MVP, ai playoff ci scontrammo ancora una volta contro Milano e il ciclo di Sacchetti era ancora una volta chiuso.
Drake via, Travis ritirato, ancora una volta tutto da rifare, ma questa è storia recente, finita con un altro ciclo chiuso, ma Meo non molla, e finalmente qualcuno si inizia a accorgere del suo valore.

Si arriva al presente, ma è troppo presto per trascriverlo se non sei un giornalista.



Quante rivoluzioni ha affrontato Sacchetti?
Sono cambiati giocatori, presidenti e general manager e campionati, ma lui non è cambiato e ha portato in giro per l'europa con coraggio, faccia tosta e umiltà, cose che ha sempre chiesto anche ai suoi giocatori, la sua tranquillità e il suo basket senza mai scomporsi.
Guardando indietro questo è stato un grande insegnamento di Sacchetti, lui è sempre andato avanti, davanti a critiche, sconfitte e qualsiasi avversario, ed era pronto a farlo ancora.
Banale? Ma in quanti sono capaci di farlo?

Sacchetti ha insegnato a chi ha voluto capire che il basket è un gioco e bisogna giocare.
Che quando si perde non si fanno drammi e bisogna rilanciare ancora più forte. Che non servono metodi militari per allenare, non si puniscono e non si insultano i giocatori quando sbagliano.
Ha combattuto contro le convinzioni, ma più che altro fissazioni, che hanno i tifosi e anche certi commentatori che vinca sempre la difesa, che ogni azione vada esaminata nei dettagli finché non si trovano gli errori.
Anche dopo le vittorie non si è mai visto Sacchetti ergersi a eroe, prendersi i meriti o parlare male di avversari, si poteva vedere felice ma in disparte, a differenza di tanti suoi colleghi che credono, o a cui la gente e i commentatori fanno credere, che le partite vengano decise da loro, grazie a un timeout o uno schema studiato a tavolino, al controllo quasi statistico di quello che dovrà succedere in campo.
Invece le partite della Dinamo di Sacchetti sono state un susseguirsi di scelte chiamate folli e sbagliate solo perché quasi tutti avrebbero fatto altro, di azioni sbagliate perché giocate con l'istinto invece che pensando a quello che era successo 3 azioni prima e cosa sarebbe potuto succedere 2 azioni dopo, perché giocate con la voglia di fare canestro invece che misurando chilogrammi e centimetri, perché giocate senza la paura delle conseguenze di ciò che si sta per fare.
Le partite della Dinamo di Sacchetti sono state un susseguirsi di errori per arrivare al possesso decisivo, che può valere un partita come un campionato, e non sbagliarlo perché hai già battuto la paura errore dopo errore e canestro dopo canestro per 40 minuti.

Queste sono le più grandi cose che mi resteranno Sacchetti, non le vittorie.
In tanti hanno vinto e vinceranno, come dato numerico potranno vincere più di lui, ma nessuno potrà mai lasciare quello che ha lasciato lui.